Cinque declinazioni di radici e altrettanti consigli di lettura

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LINGUA

Chiudo il libro e lo riapro alla prima pagina. Leggo: «l’alfabeto italiano è composto da ventuno lettere, di cui cinque vocali e sedici consonanti. A queste si aggiungono le lettere di origine straniera: j, k, w, x, y. […]». Lancio il libro. Lo lancio con tutte le mie forze. Mi sembra giusto lanciare un libro che mi tradisce e uccide le lettere. Merita di morire

Male a est di Andreea Simionel (Italo Svevo, 2022)

“Non si cresce in un luogo, si cresce in una lingua” si legge in Come un respiro interrotto (Fabio Stassi, Sellerio, 2014). Potrebbe dunque essere una particolare forma di violenza, l’essere costretti ad abitare una lingua diversa da quella in cui si è cresciuti. Un male tanto silenzioso quanto logorante.

PIETRE

Sfatti, si distesero lunghi, i gomiti a puntello sopra l’erba. E fu come se ognuno ritornasse solo, solo coi suoi pensieri, i suoi affanni. Lo sguardo perso per quella nuda piana, a cui succedevano colline, appena verdeggianti per gli spruzzi di pioggia dell’ottobre in corso, o bianche e aspre, fortezze alte e puntute di calcare. […] E niuno di essi, niuno, spersi tutti, affogati in quello spazio di dimenticanza, sotto quel cielo fermo, niuno s’era accorto che da sopra il muro bianco della masseria, sopra i vetri di bottiglia, da dietro le finestre inferriate, sotto gli archi della loggia in alto, erano sbucati baschi neri e colorati sopra facce impassibili, occhi che scrutavano, nasi e bocche che fumavano.

Le pietre di pantalica, di Vincenzo Consolo (Mondadori, 1988)

È in quella terra acre di Sicilia, fatta del sangue degli ultimi, che affondano le radici della poesia e del sogno del riscatto, ancora soffocati dalla grettezza della Storia.

DISTACCO

È come se tutto facesse parte della vita del paese. La nascita, la morte, la separazione divengono semplicemente tappe di un divenire collettivo in cui c’è sempre posto per la speranza, perché la comunità sopravvive e si evolve. […] Lui capisce ma non prova né angoscia, né felicità. Tutto fa parte di una vita che non è la sua e nella quale lui non si inserirà mai. […] è tutto appena un poco distante da lui. Tutto come assistere alla vita di un paese separato.

Camere separate, di Pier vittorio Tondelli (Bompiani, 1989)

C’è spesso uno spaesamento nel modo in cui guardiamo al luogo in cui siamo nati. Si tratta di una forma di distanza: è la sensazione di sentirsi profondamente diversi rispetto a un mondo e a delle persone che sanno tutto di noi, ma che fanno fatica ad accoglierci.

RITORNO

Per nove anni, ogni lunedì ero andato al consolato cileno per sapere se potevo tornare. Nove anni nel orso dei quali avevo ricevuto circa cinquecento volte la stessa risposta: No. Il suo nome è sulla lista di quelli che non possono tornare. E all’improvviso, un lunedì di gennaio, il triste funzionario spezzò la sua routine e, al contempo, i miei schemi: Quando vuole. Può tornare quando vuole. Il suo nome è stato cancellato dalla lista. Uscii dal consolato tremando.

Patagonia express, di Luis Sepulveda (Guanda, 1999)

In alcune parti del mondo la Storia e l’oblio si succedono con troppa rapidità. Il viaggio diventa allora un’avventura triste, sia quando è fuga, sia quando è ritorno.

IPNOSI

«Mio nonno poi […] faceva a sua volta l’ipnotizzatore e lavorava nei piccoli circhi, e tutta la città vedeva nelle sue ipnotizzazioni il desiderio di fare più che poteva la vita dello scioperato. Quando però i tedeschi in marzo passarono le nostre frontiere per occupare l’intero paese […] soltanto il nonno andò a opporsi ai tedeschi come ipnotizzatore, ad arrestare i carri armati con la forza del pensiero […] Da allora in tutta la regione la gente litigava. Gli uni gridavano che il nonno era matto, gli altri invece che non poi tanto, che se tutti si fossero opposti come il nonno ai tedeschi con le armi in pugno chissà come sarebbe finita coi tedeschi.»

Treni strettamente sorvegliati, di Bohumil Hrabal (e/o, 1985)

Quando si affronta un trauma collettivo, come l’invasione della propria terra da parte di un colonizzatore agguerrito, tornano domande ricorrenti: come è potuto accadere, chi lo ha permesso. Salvifica è allora la letteratura, che scavando nel dramma – talvolta con ironia e disincanto – crea consapevolezza e alimenta la memoria.

In sottofondo, Should have known better, Sufjan Stevens

Autore

Carmela Fabbricatore
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Carmela Fabbricatore si occupa di letteratura e progettazione culturale. Ha frequentato il percorso di editoria di minimumlab e collabora come lettrice con il Premio Calvino. Scribacchia delle sue letture su @quilldriver.ink.