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FUMO

Fumisteria, di Fabio Stassi (Sellerio, 2015)

«Anche questa mattina che preannuncia l’estate, Donna Mariannina continua a fumare, e lo fa con rinfrancata caparbietà, sente ritornarsi le forze, e sa che fumerà finché non le tremeranno le mani. La stanza s’imporpora di nuovo, e dai vetri della finestrella già non si vede più nulla. Tutto è fumo ormai intorno a lei, che canta. […] Fumo la storia, la memoria, i libri e gli avvocati che verranno dopo l’avvocato Licata e gli uomini che seguiteranno le battaglie di Rocco. E soltanto qualche naso più fine degli altri, a volte, in particolari circostanze, potrà appena percepire un certo lontano odore di bruciato.»

In certi posti del retroterra si sente spesso, d’ estate, un odore di pneumatico bruciato. Lo si avverte generalmente di primo mattino o intorno al crepuscolo, è un tanfo acido, fastidioso. Quando l’aria è ferma, può durare per diverse ore, impregna i muri delle case, e resta per tutto il giorno nello spazio della percezione, latente, come un principio di nausea. A volte lo si vede: è un fumo nerastro che appanna l’aria, s’infiltra nella freschezza della rugiada, contamina i profumi della terra.

Da dove arrivi quell’odore è sempre un mistero, forse da non molto lontano, da qualche campo semi-abbandonato in cui si smaltiscono materiali di risulta. Sono solo foglie secche, direbbero gli incendiari se colti in fallo, scellerati.

Verso fine estate, con una regolarità fuori dall’ordinario e sempre all’alba o al tramonto, quel fumo cambia colore e consistenza. Diventa bianco e perde acidità, a volte sa di resina e di sambuco.

Chissà chi ha esagerato col profumatore a bastoncini – pensa qualcuno – e già si sentono gli scricchiolii del legno che cede sotto le fiamme che si vedono in lontananza. Sono in alto, sulla cima delle colline, dietro le case. Il fuoco procede in moto accelerato: prima una lingua isolata, poi due, cinque, dieci vampate poco lontane tra loro, che prorompono in un incendio che ricorderemo per anni.

Il rituale consolidato: le telefonate si accavallano ai vigili del fuoco, alla forestale, alla polizia, ai carabinieri, alla finanza, alla guardia costiera, tutte con lo stesso esito, Aspetti, dobbiamo verificare la credibilità della sua denuncia, l’affidabilità della sua persona, l’attendibilità dei suoi occhi. Carta d’identità e codice fiscale. Da quanto tempo non va a visita dall’oculista? E dall’otorinolaringoiatra? È sicura, dico è sicura, di quello che sta dicendo? Lo sa che denunciare il falso è un reato penale? È mio dovere farle queste domande, sto solo facendo il mio lavoro, allora lei dichiara che in data tot alle ore tot una colonna di fumo si alzava a circa duecento metri in linea d’aria dalla sua abitazione in via xy, dando evidenza di un principio di incendio, bene chiameremo se abbiamo bisogno d’altro, mandiamo una squadra in sopralluogo Quando? Eh, è agosto, lei lo sa il personale è ridotto, arriviamo il prima possibile.

Quel prima diventa sempre troppo tardi, quando nulla resta da fare se non sperare che calmi lo scirocco e no, non pioverà, dice un vecchio a un giovane, entrambi parte del grande gruppo di persone che sorveglia le case ai piedi della montagna. Tutto brucia fino a che pure la terra diventa cenere e non rimane che la roccia viva a fare da scudo ignifugo.

Un tempo era tutto bosco, c’erano le querce e gli ulivi e la macchia, dicono. Ogni estate è così, in questa specie di campagna edificata, circondata da colline che non rinverdiranno mai. Qualche volta si identificano pure i piromani, ma l’evento nemmeno fa notizia, a meno che non si tratti di un ragazzo di quindici anni, sorpreso dalle telecamere di sorveglianza a lanciare gli inneschi nella radura. È stata una bravata, dicono, e allora pure la verità diventa fumo.

Autore

Carmela Fabbricatore
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Carmela Fabbricatore si occupa di letteratura e progettazione culturale. Ha frequentato il percorso di editoria di minimumlab e collabora come lettrice con il Premio Calvino. Scribacchia delle sue letture su @quilldriver.ink.