
Nuvola tuffarci la faccia entrarci come un pesce o un atleta in volo in un flusso di gravità un progresso di perdita e attesa di tornare all’aria alle capriole di vento di cui siamo fatti.
Andare da un lato all’altro di questa grande casa lungo i corridoi di voci delle donne che qui hanno pianto e figliato. Non tirare il pavimento a cera che dopo è una schiavitù come la tinta bionda. Allargare lo sguardo agli angoli e nella prospettiva. Riempivo il vaso di fiori, tanti, e lì li stipavo, all’ingresso: sembravano una testa e i suoi capelli. Poi il vaso s’è rotto: schegge d’acqua e di creta si son sparse in fuga fra le piastrelle. La testa e i suoi capelli sul pavimento dell’ingresso.
Stipite della porta la sua verticalità custodisce tra le fibre un progetto di appoggio: vibra tra le piste lucide di copale mi ci schiaccio così bene quando fremo di freddo fuori, dove mi hai chiuso ad aspettare te.
Autore

Elisabetta Carbone
Elisabetta Carbone è nata, vive e lavora a Bologna come docente liceale di Italiano e Latino. Ama leggere e pensarci su. Ha frequentato il laboratorio annuale della Bottega di narrazione e altri corsi di scrittura. È stata finalista di Oltre il velo del reale e semifinalista a Visioni divergenti e corpi indisciplinati, organizzati dal Premio Italo Calvino. Ha partecipato a L'olmo e i suoi racconti, un progetto sul paesaggio guidato da Marino Magliani e Dario Voltolini, e pubblicato su riviste letterarie.