Una sera, mentre camminavo spedita verso un parcheggio in una zona isolata della città, nel silenzio ho udito un rumore di passi dietro di me. Con i sensi all’erta, mi sono voltata appena per sapere chi fosse, consapevole che è più prudente evitare contatti visivi con gli sconosciuti, e ho notato con sollievo che era una donna. Senza scambiare una parola, le nostre andature si sono allineate. Quando siamo arrivate alle auto, con uno sguardo ci siamo assicurate che anche per l’altra fosse tutto a posto e poi ognuna ha preso la propria strada. Quel gesto solidale, quel legame fugace, è stato un piccolo atto di sorellanza.
La sorellanza è un legame che di solito viene associato al femminismo militante e, anche se è un accostamento corretto, quello dei collettivi e dell’attivismo non è l’unico modo di percepirlo e di viverlo.
Secondo il vocabolario Treccani la sorellanza è il “rapporto naturale tra sorelle e il vincolo d’affetto che le unisce”1, oppure il legame tra due o più cose di genere femminile che hanno la stessa origine e le stesse caratteristiche, o anche il “sentimento di reciproca solidarietà fra donne, basato su una comunanza di condizioni, esperienze, aspirazioni”2.
Si può essere sorelle in quanto figlie dei medesimi genitori, e quindi legate da un vincolo di sangue. Ma si può essere sorelle anche per scelta, perché si hanno pensieri simili, le medesime esperienze, una storia comune, breve o lunga non importa.
La sorellanza non necessariamente conduce all’amicizia, o ne deriva. Due amiche si scelgono, si piacciono, provano affetto reciproco, possono avere storie anche molto diverse tra loro, ma sentono un’affinità. Amiche si diventa, sorelle si è.
Si può stabilire un legame di sorellanza anche senza una specifica intenzionalità, senza partire da un precedente sentimento, senza bisogno che ci sia già intimità, stima o conoscenza profonda. A volte è sufficiente stare vicine per un breve tratto di strada, avere un bisogno che l’altra comprende al volo perché ne ha fatto esperienza in quanto donna, scambiare due chiacchiere in un contesto femminile o femminista. Accade qualcosa, cade il velo dell’abitudine, lo sguardo si apre e ci si riconosce simili, anche se abbiamo storie diverse e prima di quel momento non eravamo mai entrate in relazione.
Ci accomuna l’essere state educate e vivere in un contesto sociale che ci relega perlopiù in ruoli subordinati o di cura, ci fa muovere in spazi fisici e mentali progettati dagli uomini, spesso solo per le esigenze degli uomini. E questi due spazi si condizionano l’un l’altro.
La geografa Leslie Kern nel suo libro La città femminista, scrive: “le donne vivono la città con una serie di barriere […] che modellano la loro vita quotidiana attraverso dinamiche che sono profondamente (sebbene non solo) di genere”3. Sono molte le donne che si sentono in pericolo e vulnerabili quando tornano a casa da sole la sera o la notte. Il tessuto urbano attuale non è pensato per la sicurezza femminile. A questo proposito Kern afferma che “i principali responsabili delle decisioni, che sono ancora per lo più uomini, stanno facendo scelte su tutto […] senza sapere nulla, né tanto meno preoccuparsi, di come queste decisioni influenzano la vita delle donne”4. Non si tiene conto delle loro difficoltà, e del fatto che le esperienze urbane delle donne sono determinate dalla loro identità di genere.
Alla luce di ciò, ogni volta che due o più donne si trovano in una situazione, in un luogo, o vivono un’esperienza che non è pensata per loro, ciò che possono fare è unirsi per sopperire alle mancanze di una società che non le ha incluse in fase di progettazione. Kern, parlando delle sue amiche e delle loro esperienze di gioventù, scrive: “Sapevamo che nessuna sarebbe stata lasciata sola o maltrattata. L’amicizia ha fatto sì che ci sentissimo libere nella città”5. Siamo in molte a non sentirci libere di vivere la città come vorremmo ed è per questo che, ad esempio, in Italia l’associazione Donnexstrada ha creato il servizio di videochiamata Viola walk home6 attivo tutti i giorni 24 ore su 24 a cui ci si può rivolgere per essere “accompagnati” a casa in un orario e un giorno specifici. Oppure si può chiamare un’amica: sapendo che siamo sole di notte da qualche parte non le dispiacerà essere stata svegliata.
Ma non c’è solo la sicurezza di cui tenere conto. A chi non è capitato, ad esempio, di dover chiedere un assorbente a un’altra persona, persino una sconosciuta? Aiutarsi non è solo un gesto di gentilezza, è rimediare a un’assenza, in questo contesto alla mancanza di distributori di assorbenti nei bagni pubblici. Sono gesti che in tante abbiamo fatto, così naturali da non stupirci e così spontanei da non domandarsi come mai il rimedio dobbiamo trovarcelo tra di noi, quasi alla chetichella.
Di questi gesti si può leggere nei libri. Nel romanzo I doni della vita di Irène Némirovsky, che non ha particolari riferimenti alla sorellanza, una scena mi ha colpita. Una donna sta per partorire mentre è sfollata a causa della guerra, la suocera cerca di aiutarla ma la situazione intorno è drammatica: “Non c’era tempo per piangere. Bisognava occuparsi di Rose, far scaldare dell’acqua, scaricare dalla macchina i medicinali di pronto soccorso […], cercare delle fasce in paese. Questo non sarebbe stato difficile: tutte le donne della casa si stavano dando da fare.”7
Quelle donne non conoscevano la partoriente, si erano incrociate per caso e per di più mentre scappavano. Eppure senza indugio si sono date da fare per lei, per una di quelle cose da donne di cui si capisce l’urgenza o talvolta l’ineluttabilità, ma che la società ignora. Ancora una volta sembra che dobbiamo sbrigarcela tra di noi.
Sorellanza è anche credere alle parole di un’altra donna quando in molti le mettono in dubbio, e farlo perché tante volte abbiamo visto screditare una vittima di violenza con domande su com’era vestita, che cosa stava facendo, scavando nel suo passato, o sottolineando il fatto che non si era opposta, come se dire di no fosse facile in certi contesti. Ci sono studi8 che analizzano le reazioni psichiche non volontarie come il freezing, ovvero l’incapacità di pensare e agire, una paralisi fisica ed emotiva che si attiva in situazioni come la violenza sessuale. Una qualsiasi ragazza a cui uno sconosciuto si sia strusciato addosso sulla metro o sull’autobus sa che è molto più probabile trovarsi impossibilitate anche solo a muoversi che non reagire, gridare, colpire.
Sorellanza è lasciare a ognuna la libertà di essere e di definirsi9 donna come vuole, anche se noi siamo diverse e faremmo altre scelte.
Spesso si sente dire che “le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne” e sembra davvero che sia così. Michela Murgia nel suo Stai zitta scrive che “è essenziale, nei sistemi maschilisti, che le donne credano che le loro peggiori nemiche siano proprio le altre donne, diventando inconsapevolmente complici del sistema che alla fine le opprime tutte”10.
La scrittrice Roxane Gay, nel suo libro Bad feminist citato da Leslie Kern, chiede di “abbandonare il mito culturale secondo il quale tutte le amicizie femminili devono essere cattive, tossiche o competitive. Questo mito è come i tacchi e le borse: belli ma progettati per rallentare le donne”11. Scegliere di praticare la sorellanza è un modo per uscire dalla retorica patriarcale che pretende di stabilire come deve essere il rapporto tra donne, per andare a scoprirne invece le potenzialità.
Nella letteratura, finché anche le donne non hanno trovato uno spazio meno angusto all’interno della scena letteraria occidentale, si parlava poco di amicizia femminile e lo sguardo con il quale questo legame veniva analizzato era quasi sempre stato quello maschile. A questo proposito Virginia Woolf, in Una stanza tutta per sé, scrive: “tutte le grandi donne della letteratura erano state, fino ai tempi di Jane Austen, non soltanto viste dall’altro sesso, ma anche viste in relazione all’altro sesso”12.
Siamo state dipinte in eterna competizione le une con le altre, sempre pronte a rivaleggiare o a tradirci per conquistare un uomo, più che a sentirci sorelle o diventare amiche.
“Supponiamo per esempio che gli uomini fossero rappresentati nella letteratura in qualità di amanti delle donne” scrive ancora Woolf, “e non fossero mai amici di altri uomini, soldati, pensatori, sognatori; non resterebbe molto delle tragedie di Shakespeare; e come ne sarebbe menomata la letteratura […] incalcolabilmente impoverita dalla non partecipazione delle donne”13.
Daniela Brogi nel libro Lo spazio delle donne attualizza il pensiero di Woolf: “Cosa può fare una donna nei romanzi scritti dagli autori italiani contemporanei? In molti casi prima di tutto la morta; poi la nonna, la madre, l’amica perfida, la moglie stronza, la figlia edipica, l’amante (nuda), la ragazzetta ninfomane, la sconosciuta stupida – e in ogni caso sempre una donna eterosessuale”14. Sembra che anche oggi nella letteratura (ma anche nel cinema, in televisione) ci sia una difficoltà da parte degli uomini nel rappresentare le donne e i loro legami, amicizia e sorellanza comprese, soprattutto se non ruotano intorno a un maschio. Se poi si ha a che fare con donne che non rispecchiano i canoni estetici patriarcali, donne lesbiche, donne trans o persone queer, la strada da fare affinché siano presenti e correttamente rappresentate nelle narrazioni è ancora più lunga.
È servito di allontanarsi dall’onnipresente male gaze15 e di avere a disposizione anche sguardi diversi perché qualcosa iniziasse a cambiare e, in tema di sorellanza, se ne cominciasse a parlare smettendo di rifarsi solo ai modelli classici in cui questo legame si forgiava nella sventura e serviva per alleviare la pena16.
Nel saggio Sorelle. Storia letteraria di una relazione di Monica Farnetti, vi sono vari esempi di quelle che l’autrice definisce sorelle felici, in contrapposizione alle sorelle forti ma tragiche della classicità.
Farnetti scrive che la sorellanza fin dalle origini è il modo che le donne hanno avuto per “risollevarsi dal loro stato di soggezione culturale e politica, la condizione stessa del loro accesso alla vita sociale e intellettuale”17. Praticare la sorellanza significa quindi essere presenti e vive, come donne, nel mondo, abitandovi in modo pieno e autorevole. Ma è anche questo il motivo per cui “la prorompente energia della sorellanza è stata, fintanto che ciò è stato possibile, censurata, sminuita, parodizzata, contraddetta, bonariamente ammessa fra i valori positivi ma accessori di una cultura, sottostimata e reclusa tra gli affetti non primari”18.
E anche per sentirne parlare all’interno dei movimenti femministi si è dovuto aspettare la seconda metà del Novecento. Tra i tanti esempi e contributi su questo tema, riporto solo alcune frasi del libro Il femminismo è per tutti di bell hooks, scrittrice, studiosa, attivista americana, per accennare a che tipo di legame sia la sorellanza femminista. “Il movimento femminista” scrive bell hooks “ha creato le condizioni per la solidarietà femminile. Non ci siamo unite contro gli uomini, ci siamo unite per proteggere i nostri interessi come donne. […] La sorellanza femminista si radica nell’impegno condiviso a lottare contro l’ingiustizia patriarcale, non importa quale forma essa assuma”19.
Praticare la sorellanza è come stabilire un patto morale ed etico, o riscoprirne uno già esistente.
La sorellanza è un legame orizzontale, tra donne che si incontrano e si relazionano, ma è anche un legame verticale, un’eredità che si tramanda, un modo per passare le une alle altre quegli anticorpi che è necessario acquisire per contrastare lo sguardo patriarcale che anche le donne sono state educate a utilizzare per osservare sé stesse e le altre.
“La sorellanza fa sì che ogni donna possa incarnarla guardando, allo stesso tempo, verso il passato che gliela insegna e verso il futuro a cui la consegna, risultandone ogni giorno l’iniziatrice e l’erede.”20
Teniamoci cari, quindi, quegli esempi di sorellanza e di amicizia che la letteratura ci offre. L’amica geniale, di Elena Ferrante, dove il legame tra Lila e Lenù va oltre gli stereotipi e mostra anche le sue imperfezioni, quella terra di mezzo che esiste tra l’essere nemiche e l’essere costantemente allineate e solidali, ossia il luogo reale dove i rapporti di amicizia e sorellanza si vanno a collocare; L’università di Rebibbia di Goliarda Sapienza, nel quale la protagonista scopre legami di sorellanza, impensati prima di sperimentarli, con le altre detenute, e il carcere può diventare il luogo dove “tutte capiscono perfettamente chi sei – e tu lo senti – in poche parole non sei sola come fuori”21; Nessuno torna indietro di Alba de Céspedes, in cui otto ragazze che vivono nel medesimo collegio femminile in attesa di iniziare a vivere le proprie vite una volta terminati gli studi, intrecciano legami dopo essersi “scelte tra tante, per affinità”22.
Questi sono solo alcuni esempi di romanzi che parlano di amicizia e sorellanza in contesti peraltro molto diversi tra loro. Ma di sorelle parla anche Jane Austen nei suoi libri. Senza una sorella, di sangue come Jane per Elizabeth, o per scelta come Miss Taylor per Emma, le protagoniste non avrebbero con chi confrontarsi, con chi dialogare oltre sé stesse23.
Possiamo cercare le storie di amicizia e di sorellanza tra le pagine delle scrittrici che amiamo o lasciarci ispirare da chi le ha già trovate e analizzate24.
“Dovremmo quindi impegnarci a destinare parte delle energie che normalmente dedichiamo a compiacere uno sguardo sconosciuto, a coccolarlo […]” ci esorta la scrittrice Carolina Capria nel suo Campo di battaglia, “per costruire legami che non solo possano sostenerci ma che ci aiutino ad acquisire una nuova prospettiva”25.
È possibile allenare lo sguardo a vedere bellezza nelle altre donne, educarci a praticare la sorellanza come forma di empatia, creando una rete di mutuo sostegno formata da un insieme di donne che lottano fianco a fianco, che alleviano le reciproche sofferenze ma che, soprattutto, sono capaci di ridere e di essere felici insieme.
Letture consigliate oltre ai testi riportati nelle note:
- Dalla parte delle bambine, di Elena Gianini Belotti, ed. Feltrinelli
- Manuale per ragazze rivoluzionarie, di Giulia Blasi, ed. Rizzoli
- Dovremmo essere tutti femministi, Chimamanda Ngozi Adichie, traduzione di Francesca Spinelli, Giulio Einaudi Editore
- Sputiamo su Hegel e altri scritti, di Carla Lonzi, a cura di Annarosa Buttarelli, ed. La Tartaruga
- Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, di Jude Ellison Sady Doyle, traduzione di Laura Fantoni, ed. Tlon
NOTE
1 https://www.treccani.it/vocabolario/sorellanza/
2 Ibidem.
3 Leslie Kern, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, trad. it.di Natascia Pennacchietti, Treccani, Roma, 2021, p. 16.
4 Ibidem.
5 Ivi, p. 86.
6 https://www.violawalkhome.com/it/
7 Irène Némirovsky, I doni della vita, Adelphi Edizioni, Milano, 2012, p. 211.
8 Ad esempio questo: https://www.internazionale.it/video/2021/11/25/stupro-cervello-reagire-aggressore
9 Per un approfondimento sul tema dei generi sessuali e la loro definizione, su cosa voglia dire essere donna al di là dell’aspetto biologico, si veda Jennifer Guerra, Un’altra donna, UTET, Milano, 2023.
10 Michela Murgia, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, Einaudi, Torino, 2021, p. 60.
11 Leslie Kern, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, op. cit., p. 82.
12 Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, trad. it. Livio Bacchi Wilcock e J. Rodolfo Wilcock, Feltrinelli Editore, Milano, 2021, p. 118.
13 Ivi, pp. 119-120.
14 Daniela Brogi, Lo spazio delle donne, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2022, p. 98.
15 La traduzione letterale è “sguardo maschile”, inteso come sguardo sulle donne che le identifica e le mostra come oggetti sessuali. In particolare ciò avviene nel cinema, nella pubblicità e in televisione. Molto interessante a questo proposito il documentario Il corpo delle donne. L’immagine del femminile nella Tv italiana, del 2009, realizzato da Lorella Zanardo (https://www.lorellazanardo.it/il-corpo-delle-donne/documentario/).
16 Cfr. l’introduzione del volume a cura di Monica Farnetti e Giuliana Ortu, L’eredità di Antigone. Sorelle e sorellanza nelle letterature, nel teatro, nelle arti e nella politica, Franco Cesati Editore, Firenze, 2019.
17 Monica Farnetti, Sorelle. Storia letteraria di una relazione, Carocci Editore, Roma, 2022, p. 21.
18 Ibidem.
19 bell hooks, Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata, trad. it. Maria Nadotti, Tamu Edizioni, Napoli, 2021, pp. 51-53.
20 Monica Farnetti, Sorelle. Storia letteraria di una relazione, op. cit., p.24.
21 Goliarda Sapienza, L’università di Rebibbia, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2016, p.138.
22 Alba de Céspedes, Nessuno torna indietro, Mondadori, Milano, 2022, p. 20.
23 Su questo tema si veda Liliana Rampello, Le sorelle di Jane Austen: vita letteraria e vita simbolica, nel volume a cura di Monica Farnetti e Giuliana Ortu, L’eredità di Antigone. Sorelle e sorellanza nelle letterature, nel teatro, nelle arti e nella politica, op. cit.
24 Suggerisco a questo proposito il podcast della giornalista e scrittrice Jennifer Guerra dal titolo Nemiche geniali, Emons Record, in cui analizza alcuni film, libri e serie tv per parlare di amicizia femminile e sorellanza, contrastando l’idea che la rivalità sia una condizione immutabile del rapporto tra le donne.
25 Carolina Capria, Campo di battaglia. Le lotte dei corpi femminili, effequ, Firenze, 2021, p. 181.
Autore
Letizia Badioli
Letizia Badioli è un’editor e una ghostwriter, ovvero una persona che legge e scrive molto, prendendosi cura delle parole, sue e degli altri (del suo lavoro ne parla qua: www.letiziabadioli.it). Da brava toscana prende la vita con allegro disincanto e un po’ di ironia. Ha sempre qualche corso da fare e qualche idea da realizzare. Le sue ultime grandi passioni sono le autobiografie e il femminismo, e ha molti progetti al riguardo.