Foto di Costea Alexandra su Unsplash

Da bambina
andavo in verticale
a testa in giù
guardavo il mondo rovesciato
in equilibrio
sopra un duro orizzonte

i capelli sfioravano la terra
in giardino, i vermi
mi salutavano
con un breve inchino del corpo

camminavo sulle dita
come camminano gli uccelli

a tutti parlavo, alle formiche
agli scarafaggi, alle piccole
fragole che ingiallivano
senza mai diventare rosse

e le gambe traballavano un poco.

Crescevo, nella grazia di Dio,
con moto inverso, i piedi
solleticando il cielo, interferendo
col volo nervoso delle mosche

sotto la mezzaluna delle unghie
si formava il terriccio,
le dita sempre più a fondo
crescevano nella terra
come radici
si allungavano dentro

io poi, con quei piedi a mezz’aria,
sono andata nel mondo
e quel mondo l’ho riportato alle mie mani
e ogni volta che l’ho detto
ogni volta che l’ho pronunciato
l’ho trovato sempre
bene ancorato in quel giardino.

Terraferma

Poi veniva l’estate
col verde negli occhi
fuori era un pieno
di rondini, api
e tempo ancora.

La dama per colazione
al mattino, il tris,
il conto spaiato
delle monete
da cinquecento lire.

Mi crescevi nel cuore
come un padre,
le tue radici
diventando mie.

Tu riponevi in me
l’umano, il sogno
la terraferma e il volo,
l’ambizione di essere
solo ciò che sono.

Allora ero argilla,
seme, voce molle
che imparava la tua
e di tutto
facevamo catalogo:
mostravi e io
vedevo studiavo bevevo
con la gola arsa della pianta.

Non sapevo del segno
impresso a calce
contro le rovine venture
– oggi chi sono:
femmina e voce
gli occhi due fari
per guardare meglio.

Autore

Maria Lo Conti
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Maria Lo Conti è nata a Messina nel 1985. È stata finalista al Premio Laurentum (XXVII edizione) e vincitrice del Premio di Poesia Città di Castorano (X edizione) e del Premio Letterario Formebrevi (II edizione). Suoi scritti di critica e narrativa sono apparsi su diversi siti e riviste letterarie, tra cui minima&moralia, Cariddi e Bomarscè. Scrive di sé, di libri e di letteratura su isolaminore.com.